La diffusione del Covid-19, che nelle ultime settimane sta mettendo a dura prova l’economia italiana, ha spinto molte aziende a sperimentare soluzioni smart e digital. In una parola: smart working.
Sebbene le disposizioni governative che limitano e restringono contatti e abitudini per arginare i contagi stiano creando non poche difficoltà organizzative, le piccole e medie imprese italiane stanno avendo, in questi giorni, la possibilità di testare modalità di lavoro innovativo portando alla luce un trend che in altri Paesi è già da tempo una realtà quotidiana, perfettamente integrata con forme lavorative più tradizionali.
Trend globale
Per esempio in Giappone, Brasile e negli USA il telelavoro e lo smart working sono incoraggiati e diffusi per ridurre gli spazi necessari negli uffici o per risparmiare tempi di spostamento nelle grandi città ed hanno già raggiunto percentuali importanti.
Analogamente, nei dati statistici raccolti da uno studio di Eurofond e dell’Organizzazione Mondiale del lavoro del 2015, l’Europa pur non figurando tra i primi posti nell’elenco dei paesi che hanno meglio integrato nelle proprie dinamiche lavorative logiche di lavoro agile, può vantare una discreta presenza di smart workers in Danimarca (con il 37%) seguita da Svezia, Paesi Bassi, Regno Unito, Lussemburgo e Francia.
Ma qual è la situazione nel nostro Paese?
Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, in Italia oggi si contano 570 mila smart workers, con un aumento del 20% rispetto al 2018.
La diffusione più rapida ha coinvolto le PMI italiane che hanno aumentato del 4% rispetto lo scorso anno l’integrazione del nuovo modello nei propri progetti, mentre il 26% delle pubbliche amministrazioni hanno già in atto o prevedono di realizzare entro il prossimo anno progetti basati sul lavoro agile.
Tale incremento è dovuto anche all’alfabetizzazione digitale che in modo progressivo sta portando i cittadini italiani a integrare il digitale nella propria vita quotidiana oltre che lavorativa.

Inoltre, è noto che i Decreti dell’1 e del 4 marzo 2020 hanno ufficialmente indicato nel lavoro da remoto una delle misure da adottare, laddove possibile, per contenere la diffusione dell’epidemia da COVID-19, pur consentendo ai dipendenti e ai responsabili di continuare a svolgere le consuete attività lavorative con una parità di trattamento economico e di tutela in caso di infortuni e malattie, rispetto a chi svolge il proprio lavoro secondo modalità ordinarie, come previsto dalla Circolare INAIL n. 48/2017.
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Ma cosa si intende esattamente per smart working? Facciamo chiarezza
Il concetto di smart working, con le sue varie declinazioni, nasce dal principio osservato che la produttività lavorativa dipende in gran parte dal luogo di lavoro.
Le crescenti possibilità offerte dalla digitalizzazione del mercato del lavoro e della comunicazione, con le sue forme sempre più diffuse di mobility e social computing, hanno consentito di pensare ad un nuovo modello manageriale. Quest’ultimo è basato su una maggiore flessibilità ed autonomia nella scelta del lavoratore circa gli strumenti, gli spazi e gli orari per il raggiungimento di obiettivi professionali, personali e aziendali: si rivoluzionano così concetti stantii come quello di “postazione fissa” ed “orari d’ufficio”, che poco si adattano ad un mercato del lavoro sempre più virtuale e dinamico.
Il tutto è in linea con una logica di miglioramento ed incremento della produttività in un contesto che aiuti il lavoratore a conciliare con maggiore flessibilità gli impegni personali e domestici con quelli lavorativi.
Vantaggi e svantaggi per i lavoratori
Con l’evolversi e l’affermarsi di nuovi modelli di business che assecondano e cavalcano la digitalizzazione rampante, gli smart workers sono chiamati a far fronte a nuove sfide e criticità, prima di poter godere dei molti vantaggi offerti.
Per esempio, la maggiore la libertà organizzativa concessa al lavoratore deve, comunque, commisurarsi con una reale capacità di quest’ultimo a svolgere le proprie mansioni in maniera autonoma e responsabile, malgrado l’ assenza di una supervisione costante.
Nonostante sia stato stimato che una sola giornata a settimana di remote working possa portare i lavoratori a risparmiare 40 ore l’anno di spostamenti, un simile dato risulta significativo solo a patto di riuscire a coordinare la dimensione lavorativa e quella personale/domestica secondo questo nuovo modello.
E i datori di lavoro?
Se i datori di lavoro che mettono a disposizione soluzioni lavorative smart per i propri dipendenti possono avvantaggiarsi degli sgravi fiscali previsti dall’articolo 25 del Decreto Legislativo n. 80/2015, oltre che di notevoli risparmi sulle normali spese di mantenimento delle sedi fisiche di lavoro, devono, ad ogni modo, essere in grado di far fronte ad una diversa strutturazione della comunicazione aziendale interna ed esterna, fornendo al proprio team gli strumenti digitali adeguati e la formazione specifica per poterne usufruire al meglio, nonché il necessario supporto in situazioni di emergenza o di difficoltà nel pianificare le attività.
Infine, a godere dei benefici di un minore affollamento di uffici pubblici e sedi aziendali non sarebbero solo responsabili e dipendenti, ma anche l’ambiente. A fare da esempio è la Cina, dove la quarantena ha portato ad un crollo delle emissioni di C02 del 25%. Se consideriamo che gli italiani percorrono in media 40 chilometri l’anno per raggiungere la propria sede di lavoro, ipotizzando anche un solo giorno di lavoro a settimana da remoto, le emissioni di anidride carbonica verrebbero ridotte di 135 chili l’anno!
Conclusioni
Riduzione di costi, di tempi morti, di inquinamento e di stress sembrerebbero, insomma, giocare a favore del welfare non solo del singolo lavoratore ma dell’azienda tutta, qualora si decidesse di adottare un simile modello lavorativo in maniera abituale, rimuovendo gli ostacoli iniziali di adattamento che la sua adozione potrebbe comportare.
E la nostra azienda?
Isegno, da sempre alla ricerca di soluzioni innovative offerte dalla digital trasformation, sta cercando di trasformare il divieto di circolazione di questi giorni in un’opportunità per testare nuovi workflow, dove la sintesi nelle comunicazioni a distanza e il rispetto di rigide deadline sembrano favorire un aumento di produttività e una diminuzione dello stress; tutto a vantaggio della qualità del servizio al cliente!
Chissà che quella di questi giorni non possa essere, per noi e per molte altre aziende, una palestra per prepararci meglio al lavoro del futuro.
Katia Lombardo – Social Media Manager